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comunicato stampa
Ex Agip, Tarsi e Pierpaoli: "Giardino razionalista? Perché non recuperare il progetto originale?"

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Siamo sempre più sconcertati dalle scelte della giunta Seri che, leggiamo, realizza un giardino “razionalista” nell’area ex-Agip. Siamo ormai al paradosso: se proprio voleva realizzare un giardino, e per di più in “stile razionalista”, per quale misterioso motivo non recupera il VERO PROGETTO RAZIONALISTA del giardino originale dell’Arch. De Renzi, smantellato nel 1956? Per quale motivo e con quale presunzione culturale decide di snobbare un’opera architettonica di alto livello, contemplata dai principali manuali universitari di storia dell’architettura?

Un’operazione (quella dei giardini ex-Agip) che oscilla tra il patetico e il surreale, scorretta nella sostanza e inadeguata nel metodo; la giunta Seri giunge oggi ad una tale decisione senza alcun confronto con la città, con atteggiamento decisamente offensivo nei confronti della sensibilità culturale cittadina che aveva, in più riprese e a più voci, sollecitato un confronto e rimarcato la necessità del recupero filologico dell’opera derenziana.

Nulla da fare: la giunta Seri, sorda ad ogni appello e ad ogni invito per una maggior sensibilità culturale, prosegue nella sua corsa di treno senza guida, sempre più attenta a produrre proclami enfatici e di facciata sulla stampa piuttosto che a impegnarsi nel lasciare una vera ricchezza culturale alla città. L’intero pacchetto dei progetti PNRR ha del resto seguito lo stesso metodo autoreferenziale della mancanza di trasparenza e di condivisione. La giunta Seri confonde, ancora una volta, il gusto estetico soggettivo con la sensibilità profonda della comprensione delle forme artistiche del bello, e sceglie di isolare la nostra città dalla vetrina internazionale, facendo cadere nell’oblio la sua stessa storia culturale e urbanistica. Goethe scriveva che siamo “nati per vivere nel vero, nel buono, nel bello”; chi non riconosce il senso profondo di una tale affermazione di valore, non potrà essere in grado di difendere la nostra identità culturale né di trasmettere ai nostri figli il grande patrimonio artistico e valoriale che i nostri padri ci hanno lasciato.










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