Giardino della Corridoni, Venturelli: "L'esempio di alcune vicende significative passate e recenti"

9' di lettura Fano 18/01/2023 - Inquieta quello che si prospetta per l’area del giardino con fontana costruita assieme alla scuola Filippo Corridoni nel 1935 da Mario De Renzi, al punto da desiderare di invitare a Fano i media nazionali ed altri ancora da quei paesi europei che hanno ricostruito interi centri storici rasi al suolo nella seconda guerra mondiale, ed avendolo fatto costoro, addirittura in mancanza dei progetti cartacei delle loro città, anch’essi andati distrutti.

Per allargare il tema del valore della restituzione com’era del suo giardino alla nostra scuola, occorrerà addentrarci in alcune vicende dal passato al nostri giorni non solo in Italia, per le quali la pratica del ripristino integrale dei luoghi artistici rappresenta un esempio fondante di ogni cultura difensiva degli stessi beni artistici. Anche per non voltare le spalle ad Europa e Germania, dove il razionalismo architettonico è nato nel 1919. Razionalismo al quale è riferimento splendido anche la nostra scuola di viale Gramsci. “La scuola più bella di Fano e d’Italia” (cfr. Silvio Battistelli ex sindaco fanese).

E questo, perche la restituzione integrale dell’area maledettamente ex Agip, al progetto originario, è assente nelle intenzioni del sindaco attuale.

La prima vicenda riguarda il ritrovamento nel 1506 in una vigna presso il Colosseo, della copia in marmo del Laocoonte. Gruppo in bronzo già famoso in antico e perduto. Il veggente troiano che scongiurava i suoi concittadini dal far entrare il cavallo di legno, è rappresentato coi suoi due figli mentre due serpenti mandati dagli Dei avversi ai troiani stanno soffocando i tre. La forma scenica, lo sforzo muscolare per difendersi, l’empatia per le sofferenze plurime, si imprimono in chi guarda. Cosi che l’opera è Importantissima, bene culturale capace di trapiantarsi da sola nelle menti altrui, di produrre nuove emozioni, nuove forme artistiche da parte di scultori viventi all’epoca della scoperta, dimostrazione che le opere d’arte sono fatte di pensiero, prima che di qualsiasi materiale ed agiscono nel pensiero, ancor vive da millenni.

Avvisato papa Giulio II° Della Rovere, la statua venne dallo stesso acquistata ed attaccate le parti spezzate. In questo, consulenti del papa furono alcuni artisti presenti a Roma, mentre il braccio destro dell’indovino, mancante alla statua, venne rifatto teso verso l’alto, diversamente dall’opinione di Michelangiolo, partecipe alla decisione che di contro lo intuiva piegato. Lui sapeva immaginare se medesimo nell’anima nascosta degli artisti greci presenti in copia; Michelangiolo era conoscitore di ogni terribil via, dei moti dei muscoli, parimenti ai moti poetici dell’animo e secondo l’artista, come poteva Laocoonte avvolto da serpenti, non usare, anche il destro dei due bracci, piegandolo per storcinarsi di dosso gli animali? Gli altri, invece, i sostenitori del braccio dritto, sovrapponevano il loro pensiero all’opera, decidevano loro per l’opera, e da incompetenti prevalsero. Ma Michelangiolo aveva ragione e la prova arrivò quattrocento anni dopo, nel 1903 quando una figura di sensibilità specifica, per studi filologici, archeologici, direttore di museo, tra i rottami di un marmista della zona stessa del ritrovamento cinquecentesco della statua, scorse con l’occhio della cultura un braccio destro piegato del quale tutti gli elementi stilistici, coincidevano con quelli a lui noti della statua da secoli ormai col braccio verticale. Il suo nome era Ludwig il cognome Pollak. Originario di Praga era giunto a Roma nel 1893. Ludwik Pollak comprò il braccio, lo studiò, lo regalò ai Musei Vaticani dove si trova ancor oggi Laocoonte. Qui impiegarono decenni per decidersi a sostituire il falso con la verità, dopo analisi varie del marmo e del contorno del braccio dove lo stesso si univa al busto. Così l’opera disse il vero e l’aver ricondotto anche solo una parte della statua greca autentica nel suo luogo originario -la spalla – per farla tornare com’era, fa apprendere quanto sia importante per tutti la verità artistica. La falsità non emoziona. E non dovrebbe emozionare neppure il sindaco di Fano, neppure l’assessore ai lavori pubblici e quello alla cultura. Men che meno i cittadini.

E come mai il sindaco Seri non riconduce la fontana voluta da De Renzi dove era, visto che quella è la verità del progettista, la verità per la fontana, la verità per la nostra città, la verità per la storia dell’Arte? Il fatto che grandi figure del passato abbiano disputato solo per la verità del braccio, che dopo 400 anni sia stata fatta la importante correzione, non produce la riflessione nel primo cittadino che la fontana ora al porto va riportata a casa sua nel suo luogo, nel giardino, dove brillava nella sua luce e dove brillerebbe ancora?

Si va dicendo da parte di chi amministra che nel giardino rifatto come non era, forse metteranno un altro monumento invece della fontana. Come dire che alla pala fanese di Pietro Perugino in restauro, cancellassero un personaggio per metterne un altro! Non avverte il sindaco il ridicolo della situazione dove si è messo da anni con diversi progetti per l’area, egualmente sbagliati un dopo l’altro? Ma chi gli ha inferto i consiglio sciagurati, peggiori di una antica congiura di palazzo?

E dal braccio di Laocoonte alle città, Il secondo esempio riguarda Varsavia e Dresda, accomunate da un artista Italiano. Amiamo la città come una madre e soffriamo nel vederla a terra. Per questo si rifanno i centri storici com’erano prima dei terremoti, ma Varsavia furono i nazisti in ritirata a farla saltare con le mine. In piedi quasi più niente, niente dei palazzi contenenti mappe urbane e catastali, archivi coi progetti … Ma tutta la Polonia nel dopoguerra rivolle la sua capitale servendosi per la ricostruzione soprattutto delle “vedute” di Varsavia (in numero di 26 ?) dipinte nel 1700 da Bernardo Bellotto, pittore veneziano, dai sovrani del tempo chiamato -tanto erano innamorati delle loro città- per fissarne le bellezze. I vedutisti usavano la camera oscura per preparare il disegno al loro lavoro di notevole precisione prospettica e di dettaglio. Vedute, ad olio su tela che, messe al sicuro dalla guerra furono guida ai ricostruttori della capitale che si voleva come prima. Perdere il proprio specchio identitario materno è doloroso, riaverlo da quei monumenti ritratti di un’ epoca altra sarà sembrato un bacio lunghissimo in sogno.

E se nel nostro piccolo, il rifacimento auspicato del giardino com’era nella scuola F. Corridoni ricorda l’operazione delle città ricostruite causa guerra, il danno presente sta agli amministratori fanesi del dopoguerra. Quello prossimo, se non verrà rimesso il giardino com’era, sarà opera del sindaco attuale. Una brutta faccenda davvero! Invece lo stesso giardino distrutto va risarcito dell’immagine originaria, negata dal sindaco, pur in possesso dei disegni tecnici di costruzione e delle foto. Una insolenza che Fano e quegli scolari non meritano.

Ma per tornare a Bernardo Bellotto, lo stesso artista veneziano, prima di aver vissuto 14 anni a Varsavia dove morì, era stato per 17 a Dresda, lasciandovi le sue vedute cittadine; ( in numero di 14 ?) senza immaginare che,“la Firenze dell’Elba” o “Firenze tedesca”- così nei soprannomi- avrebbe avuto bisogno di lui due secoli dopo. Dresda affascinante e gingillina, ricolma d’arte e patrimonio architettonico fu distrutta dal cielo dagli anglo- americani nel 1945 quando ormai i nazisti erano sconfitti … Quasi tutti gli abitanti, ed otto secoli di storia artistica bruciarono nei bombardamenti a tappeto. Il 60% della città distrutto, ed il centro storico, totalmente. Le foto del risultato, sono messe a computer. E i tedeschi ricostruirono Dresda quanto più possibile com’era. Sia dalle foto che dalle vedute della città dipinta da Bellotto, gli architetti seppero estrarre le piante degli edifici scomparsi e rifare i muri con le pietre annerite conservate e numerate intessute con quelle nuove. Emerse così il contrasto tra l’estrema cattiveria umana della distruzione e l’amore presente nella paziente cura ricostruttiva a riprova che la bellezza artistica è la migliore attività e finalità dei sistemi educativi. La ricostituzione della bellezza, profuma di miracolo ogni volta; è l’opposto della produzione delle armi; singolare per entrambe le città, quasi Bernardo Bellotto vi fosse predestinato. Educativa come una favola, quando l’arte accarezza l’arte.

Anche la storia urbinate della restituzione della testa di bambino, rubata con taglio notturno, nel 1982 da una pala di Federico Barocci nel duomo, ritrovata recentemente da un antiquario pesarese bravo come Pollak … venne rimessa nel rettangolo vuoto (40X42) dello scempio lasciato dal ladro, festeggiata da tutti gli urbinati, insegna parecchio al sindaco di Fano. Ovunque, si trovano opere artistiche, rimesse com’erano e non rifatte diverse. Dal campanile di San Marco a Venezia collassato da solo, al monastero di Montecassino, com’era, come a Fano il campanile di San Paterniano, mentre i campanili di piazza e del duomo, malfatti diversi, non sono mai piaciuti, in quanto nessuno può sputare sulla città e sulla storia che lo hanno nutrito. Nessuno, meno quei politici che pensano che sull’arte cittadina si può fare tutto ed il contrario. Quando per i normali cittadini,”tutto” non si fa neppure a casa propria. Emerge dagli esempi qui scritti che a Fano si fa difficoltà da parte del sindaco a ricostruire un piccolo giardino. Ma conosceva il primo cittadino le grandi cose fatte altrove? E noi, si deve guardare al meglio autentico, non a quanto prospetta il sindaco. Il sindaco va contestato perche sbaglia. Qui a Fano non si impiccano culturalmente gli architetti. E chi è il sindaco attuale per farlo? Mario De Renzi è un principe dell’architettura moderna e va rispettato e ricomposto integralmente il complesso razionalista, compreso l’eliminazione del volume del Patronato Scolastico che è un abuso culturale tollerato da sin troppo tempo: un’invasione dentro il giardino originario della bellissima architettura scolastica. Giardino voluto nel progetto, interamente per il diritto all’attività all’aperto degli scolari e non per altro. Questo mio scritto, infine, solo per l’interesse del bene artistico Scuola Elementare Filippo Corridoni.


   

di Paolo Venturelli







Questo è un comunicato stampa pubblicato il 18-01-2023 alle 15:19 sul giornale del 19 gennaio 2023 - 734 letture

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