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La nazionale spagnola sperimenta l’utilizzo del walkie talkie

Sarà una trovata “mediatica” o realmente utile per la Spagna di Luis Enrique, a caccia del secondo titolo mondiale della propria storia?
Come per tutte le innovazioni sarà il tempo a decidere se funzionerà l’utilizzo del walkie talkie applicato agli allenamenti della Spagna. Bisognerà quindi attendere per dire se i walkie talkie sulle magliette dei calciatori saranno stati un “disturbo” o un valore aggiunto.
Per il momento la nazionale spagnola ha sorpreso tutti, richiamando l’attenzione dei media moltiplicati per l’occasione, che sono accorsi nella struttura madrilena di Las Rozas dove la Spagna preparava le sfide di Nations League, e dove è presente anche il Museo della nazionale spagnola di calcio. Ed è stata la stessa nazionale spagnola, che da Twitter tramite il proprio account ufficiale (Selección Española de Fútbol @SEFutbol) a sciogliere tutti i dubbi, postando la sequenza in cui si vede e si sente chiaramente il CT comunicare con Pedri e altri calciatori tramite questa tecnologia.
Il ricevitore del walkie talkie, è posto sulle casacche dei calciatori della nazionale iberica, e precisamente sulla schiena nella parte interna del tessuto. L’obiettivo spiegato dallo stesso allenatore delle Furie Rosse è molto semplice: agevolare la comunicazioni con i calciatori, e correggere alcuni dettagli per fare il salto di qualità. Da quando i gruppi sportivi vengono interpretati come aziende, è in effetti diventato maggiormente centrale il ruolo della comunicazione, come confermato in una recente conferenza della Confartigianato AN-PU e come sostengono le parole dello stesso tecnico.
Del resto alla Spagna manca poco per essere vincente, ed è indubbiamente fra le nazionali più in forma dell’ultimo ciclo. Negli ultimi due anni hanno raggiunto una semifinale e una finale, e il fatto di averle perse può solo riaccendere la voglia di vincere che hanno gli uomini di Luis Enrique. Gli iberici si sono infatti costruiti di diritto con lavoro, determinazione e talento un posto fra le favorite per il prossimo mondiale, insieme a Brasile, Francia campione uscente, e Argentina, con la Germania un passo indietro.
Mondiale che sarà stranamente “invernale”, visto che si terrà tra novembre e dicembre con fischio d’inizio al 20 novembre nella sfida inaugurale che metterà di fronte Qatar e Ecuador, e sono i sudamericani a sembrare i favoriti contro i padroni di casa vista la quota scommesse per i mondiali 2022 a 2,05 della fine di settembre.
Il calcio è un miscuglio di passione, istinto, gesti atletici, ma anche di tattica. Tanta tattica. La famosa “lavagnetta” fa parte di questo gioco tanto quanto scarpette, pantaloncini, il fischietto dell’arbitro e l’area di rigore, e non a caso l’allenatore è sempre il primo uomo a essere celebrato in caso di vittoria, ma anche il primo a “pagare” in caso di risultati negativi. Pochi di questi sono stati degli allenatori rivoluzionari, che hanno lasciato a colleghi arrivati dopo tattiche e moduli mai visti prima.
È il caso del moscovita Viktor Maslov, a cui si deve l’utilizzo del modulo 4-4-2, dal quale anche l’Italia nel 2006 ha tratto benefici, ma anche il concetto di “pressing”. A partire dai nuovi dogmi proposti dall’allenatore russo, infatti, gli esperti di calcio cominciano a parlare di “calcio moderno”. E come non menzionare la Grande Ungheria che per quattro anni dal giugno del ‘50 al giugno del 1954 non conobbe sconfitta. Il segreto di questa squadra che in Ungheria venne soprannominata “squadra d’oro” era l’idea, che ha poi trovato collocazione anche nel secondo millennio, del “falso nueve”, interpretato in quella squadra dal talento di Hidegkuti su intuizione dell’allenatore Sebes e del collega Marton Bukovi, che allenava nel proprio club il calciatore utilizzandolo in questo modo.
Nella speciale lista degli allenatori innovatori non può mancare neanche Rinus Michels, che non a caso nel 1999 è stato nominato “allenatore del secolo”. Quasi tutto ciò che vediamo adesso è profondamente legato a quella squadra composta fra l’altro da grandi campioni che incredibilmente non riuscì a portare a casa alcun mondiale, ma “solo” un Europeo nel 1988. “Il calcio totale” di Michels si basava su costruzione dal basso, difensori che sapessero anche costruire, terzini che salissero a partecipare alle azioni d’attacco, e una linea difensiva alta talvolta fino a centrocampo. L’attuazione della tattica del fuorigioco dell’Ajax prima, e dell’Olanda poi è, senza dubbio alcuno, l’applicazione massima per rendere al meglio da questa regola, e solo l’italiano Arrigo Sacchi, e successivamente il boemo Zeman, hanno a sprazzi mostrato nuovamente al mondo qualcosa di simile.
Tornando al nostro tema principale e cioè l'uso del walkie talkie nella comunicazione in campo, questo resta comunque una ulteriore, e non certamente ultima, applicazione della tecnologia nel mondo del pallone e nello sport in generale dopo la goal line technology e il VAR di supporto agli arbitri, o il potenziamento coordinativo del Csi (Centro Sportivo Italiano) per il recupero dagli infortuni, o ancora l’analisi dei dati da parte degli staff degli allenatori.

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