comunicato stampa
Lisippo e Fano...Capitale europea della cultura

Ministro della cultura per otto anni consecutivi dal 1981 all’89 e separatamente per altri due, appena nominata si dedicò alla causa della restituzione al suo Paese di quella parte di marmi di Fidia presenti nel Partenone, “prelevati” dal 1801 al 1810 da uno dei peggiori nemici che in epoca recente, l’arte avesse conosciuto; un diplomatico, ambasciatore inglese: tale Lord Elgin, che si diceva appassionato dell’arte greca, ma seppe farle i peggiori danni possibili, arruffianandosi, esercitando la sua influenza presso il Sultano ottomano e corrompendo quei funzionari turchi che tenevano sottomessa Atene e la Grecia; sostenendo poi, attraverso carte di discutibile autenticità, un regolare acquisto contestato dai greci che, non appena liberatisi con le armi dal giogo turco, subito chiesero nel 1833 all’Inghilterra ma inutilmente, il maltolto. Lord Elgin, con la scusa postuma di voler salvare quei marmi portandoli via, aveva violentato con brutalità il più importante monumento greco (447-432 a.C.), asportandone con picconi e segacci, 12 statue costitutive di quasi l’intero frontone occidentale del Partenone, 15 metope, 56 bassorilievi del fregio presente sulla parete della cella del tempio: prese per se, il perverso innamorato, anche parti del vicino Eretteo, massacrando l’onore non della sola Grecia ma di tutta la cultura occidentale: come il pazzo che lacera la madre che pure ama e ne trasporta via in valigia dei pezzi, Lord Elgin imbarcò parti del più bello e significativo monumento dell’identità greca, decontestualizzandole.
Con ciò, Elgin sporcò l’onore del suo paese che ancor oggi non ha trovato la dirittura morale per restituire ogni cosa, praticando invece il disconoscimento dell’altrui cultura e quindi del valore del patrimonio degli altri. Dunque un paese, l’Inghilterra che esibisce nei suoi uomini di potere una grossolanità che non conosce quello specifico rispetto necessario affinchè ogni opera d’arte possa rimanere o tornare nel contesto originario. E’ nel suo luogo d’origine infatti, ove massimamente l’arte comunica la sua bellezza. Portar via un’ opera dal suo luogo si immiseriscono opera e luogo. La richiesta ufficiale(1981)della Mercouri al British Museum che, ancor oggi espone la “refurtiva”, ottenne un diniego; la stessa risposta l’anno dopo col Governo inglese. Poi facendosi aiutare dall’Unesco, organismo culturale dell’ONU, ancora senza ottenere nulla, spostò il caso davanti all’opinione internazionale in quanto la questione riguarda non solo le due nazioni, ma la comunità degli studiosi e tutte le persone del mondo. Le repliche del ministro ai rifiuti che le autorità, ma non il popolo inglese, opposero, come ancor oggi oppongono alla restituzione, sono la testimonianza della mente offesa della Mercouri: ”I nostri marmi ci sono stati sottratti. Chi avanzerà i diritti sulle ossa dei nostri antenati?”…
“Se in Inghilterra li chiamano i marmi di Elgin, essi non esistono; è dei marmi del Partenone che si tratta”. In definitiva la Mercouri faceva riferimento con amarezza che non si fosse arrivati a capire l’importanza che i marmi del Partenone avevano per la Grecia, mentre nessun greco aveva mai sottratto parti del Buckingam Palace per esporle ad Atene. Ma spesso è proprio dall’amarezza che nascono i cambiamenti e certamente questo sentimento fece risplendere l’animo del ministro Mercouri, visto che a seguito delle negazioni, elaborò da quel lutto l’istituzione della Città capitale europea della cultura per lavare via, mediante la conoscenza ed il rispetto reciproci allargati a tutta Europa, quell’incultura mostrata dalle autorità inglesi. Quando ancor oggi, l’operazione Capitali, lascia intuire il dolore per la lacerazione violenta subita e l’intenzione totale di riavere i marmi, ma con una azione propositiva civilissima, strategica quanto educativa, in contrapposizione agli arroganti soprusi inglesi. Cosi che, dentro questa istituzione vive il pensiero riparatore, lungimirante della stessa ministro come fosse tornata nella sua mente moderna, quella stessa sapienza antica di Athena Parthenos, la protezione della dea vergine a guidarne la lotta strategica lungimirante. A tutto questo antefatto di indispensabile diffusione a chi pazientemente legge, dovrebbero mettere almeno un occhio i sindaci delle nostre città e non già tenerli ambedue solo rivolti alle opportunità per l’indotto turistico che Capitale europea della cultura contiene ed ancor meno cercare l’esclusiva per le loro città nel progetto di richiesta.
Esclusiva che sarebbe una contraddizione grave verso l’idea della Mercouri, perché la strada tracciata dalla stessa, rimane chiara e grande da quando la sua iniziativa divenne concreta dal 1985, dopo che il Parlamento Europeo approvò la sua proposta di promozione del senso di appartenenza comune, della conoscenza e reciproco rispetto dei valori culturali di città e cittadini di nazioni sempre diverse, offrendo la possibilità di mettere in mostra per un anno, l’identità vitale delle città scelte ed il loro sviluppo culturale in evoluzione anche mediante progetti di rigenerazione urbana sostenuti da un adeguato finanziamento. Restando certo, e va ribadito, che è esattamente su questi punti che si realizza ed esprime il valore e la ragione educativa alta del progetto, quando il successo di pubblico alle iniziative è stato notevole sin dal suo inizio, con la prima capitale scelta dalla Mercouri che fu appassionatamente Atene, città del Partenone. Città del monumento brutalizzato senza restituzione del maltolto: Partenone che non è un qualsiasi monumento ma costituisce da solo, sia il simbolo religioso dedicato ad Atena, ovvero alla sapienza, che il simbolo civile della prima democrazia generata al mondo al tempo di Pericle. Democrazia fondativa per diversi aspetti delle democrazie occidentali. Questo il senso ed il verso, il magnete attrattivo per tutti, se i sindaci Gambini e Ricci volessero rifletterci sopra e non fare, come con la sanità provinciale non più del proprio tornaconto.
Ma il più profondo senso della lotta di Melina Mercouri per riavere le numerosi parti dei marmi di Fidia, onde ricomporli nel Partenone, sarebbe auspicabile venisse compreso ancor prima degli altri, dal sindaco di Fano, Massimo Seri che, dentro al Comune ha aperto il comitato per la restituzione alla nostra città della statua greca tenuta stretta dal Getty. E potrebbe divenire proprio questo tema della restituzione alla Grecia, il grandissimo evento culturale, degno di una Capitale europea della cultura, dove più che rimetterci come potrebbe sembrare, Fano ci guadagna. Un vero asso nella manica per il sindaco Seri, se decidesse di smetterla di assecondare il lunghissimo cazzeggio per il Lisippo, falsamente fanese o italiano, magari facendo pervenire al sindaco di Sicione, città di Lisippo scultore, le scuse per il comportamento dei pescatori e dei tanti fanesi che nel 1964 videro l’opera dopo il ritrovamento ma tacquero con le forze dell’ordine, favorendone con quel peccato, il giro della svendita illegale. Svendita penosa alla quale si è aggiunta la ancor più penosa pretesa del ritorno mediante una eventuale causa legale. Quando entrambe le operazioni, svendita illegale e ritorno sognato, derivano della mancanza di rispetto della bellezza artistica altrui. Operazioni, queste ultime, diverse e pur simili, nel concetto culturalmente arbitrario di appropriazione dell’arte greca da parte di chi greco non è. Una propaganda, inoltre, quella del ritorno a Fano del bronzo greco, talmente divertente che dichiara ai media che occorre addirittura preparare il luogo per accoglierlo a Fano! Manca solo lo slogan, “la mia battaglia per il Lisippo” che tradotto un tedesco, fa “ Mein kampf um den Lisippus”; non male come “sovranismo” da cortile; non male come rivendicazione da città dell’incultura! proprio l’esatto opposto della Capitale europea della cultura. Sarebbe splendido, invece, se con lo stesso messaggio di cui sopra, dichiarasse il nostro sindaco al collega greco, la propria volontà di adoprarsi nel limiti del possibile col museo americano, affinche rispedisca la statua in Grecia; il paese saccheggiato, al quale va restituita la sua bellezza e la sua verità per virtù di Capitale europea della cultura: per amore solidale con la lotta di Melina Mercouri. Si creerebbe in tal modo un significativo precedente, dal quale avrebbero ben da riflettere e da apprendere le dirigenze sia del British che del Getty e ad apprenderlo proprio dal primo cittadino di Fano città di Vitruvio; città, in tal caso, finalmente proprio per questo all’altezza di una Capitale europea della cultura!
Così come sarebbe auspicabile che lo stesso comitato per la restituzione a Fano del bronzo greco si dedicasse alla restituzione di alcune delle centinaia di piastrelle rinascimentali della abbattuta chiesina dei “piattelletti”, tutte nate a Fano e per mano fanese svendute e ormai sparse nei musei di mezzo mondo, quando nessun sindaco ha mai chiesto la restituzione, neppure di una di esse. E se la storia ogni tanto presenta i suoi conti, quale occasione migliore di Capitale europea della cultura, per cominciare a chiedere indietro qualcosa di assai più auspicabile ritorno che non la statua greca? C’è una domanda, infine da rivolgere allo stesso comitato per la restituzione del Lisippo: se il Getty decidesse di spedire l’opera greca alla sua origine, forse qualcuno di Fano avrebbe il coraggio di aprire un contenzioso anche con la madre della cultura occidentale, solo perché un giudice italiano ha sentenziato la confisca della statua ovunque si trovi? E non si dica che i due casi sono diversi: lo sono nei dettagli ma essi sono la stessa cosa; lo sono nel fatto che marmi e bronzo vanno ricondotti alla loro gente: “ius summum, saepe summa est malitia”, ovvero, l’applicazione massima della legge può diventare il massimo dell’ingiustizia. E vanno ricondotti in Grecia per quegli stessi motivi culturali sollevati dalla Mercouri, per i quali si celebra la Capitale europea della cultura, cui anche Fano giustamente vuole partecipare, avendone pieno potenziale solo se sapesse attualizzare nella realtà dei fatti cittadini e nel suo P.R.G. quegli stimoli idonei e presenti nell’opera vitruviana per lo sviluppo culturale del migliore futuro fanese possibile.

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