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Distrutta la statua del Polifemo al Vallato, Venturelli: "L'amministrazione non ignori il patrimonio artistico"

5' di lettura Fano 13/08/2019 - La notizia della scultura distrutta, un’opera di Giuseppe Papagni che fu offerta al Comune dall’autore e posta presso la chiesa del Vallato, spinge a riflettere un’altra volta in merito alla gestione del patrimonio artistico cittadino, anche nel caso le indagini dimostrassero la rottura dell’opera per cause naturali, vento forte compreso.

Tuttavia, lo stesso autore in passato ha dovuto lamentare due volte maltrattamenti a quell’ opera in legno da parte di ignoti, ora rovinata per sempre e danni a sue altre sculture in metallo poste in città. Pertanto, in attesa dei risultati delle indagini, si può persino rappresentare che la scultura sia crollata da sola a causa di un suo immaginario tentativo di andarsene altrove.

Questo della fuga impossibile di tale opera chiamata Polifemo è un indiretto ragionamento per assurdo a significare che ogni opera d’arte possiede un’anima, ovvero il pensiero di chi l’ha fatta ed è anche immaginabile con ciò, il vivo dispiacere, l’ansia che pervade anche tutte le altre opere presenti nel nostro territorio, condannate a rimanere, senza poter fuggire da Fano, città dove si praticano da troppo tempo diversi tipi di aggressione al patrimonio artistico, come lo è stato persino quella di piazza Amiani dove per decisione comunale è stata tolta un’opera dell’Istituto d’Arte già storicizzata, per metterne una nuova, la più bella che si sia mai vista a Fano certamente, quando l’operazione è stata fatta senza alcun rispetto per il contesto artistico, contro il diritto dalla stele eliminata di abitare la propria casa ed alla faccia della vera concordia che riposa sulla giustizia.

Una cacciata veramente vergognosa ed evitabile che ricade per intero su chi l’ha provocata, quando un’opera, privata del suo luogo di origine non sarà mai più portatrice del valore del rapporto contenuto nella sua storia. E non si è trattato di presunti ragazzini, quanto piuttosto di un esempio inconsapevole anche ai ragazzini che ci cresceranno sopra.

Ma per tornare a Vallato, si potrebbe immaginare l’azione seriale di qualche “disturbato” dall’arte, che esprime un comportamento legato ad un suo pregresso trauma, ad una sua ferita emotiva. Comportamento che si concretizzerebbe, quando precisi contenuti ed il potere delle immagini presenti nell’opera, farebbero emergere in modo insopportabile e quindi scatenante, solo da parte di un soggetto, la furia contro l’opera stessa, in qualche modo “colpevole” di risvegliare ad ogni contatto visivo quel dimenticato suo trauma perturbante.

Ma ancor prima di questa ipotesi unilateralmente “psicologica” qui riportata in quanto ben nota come origine delle aggressioni all’arte, bisogna soprattutto tenere presente l’ampio ruolo dell’influenza della città educante o meno nella formazione di tutti, visto che anche le cose artistiche concorrono al sistema educativo, per quanto si vede fare attorno. E com’ è lungo, l’elenco delle distruzioni cittadine degli ultimi 150 anni! Quanti comportamenti lesivi, verso gli spazi architettonici!

Più e più volte si sono concretizzati in passato esempi in negativo offerti dagli amministratori per la poca considerazione del patrimonio presente, al punto che questo costume è diventato strutturale e riemergente, nonostante l’avvento di Giunte come quelle del sindaco Massimo Seri, certamente attente al recupero dei beni artistici ed ambientali, ma ancora condizionate da abitudini ereditate, ancora presenti e vive, come rivelano la vicenda della stele di piazza Amiani, ed il previsto scempio per il nuovo convento del Prelato, località collinare di dove nasce l’acquedotto augusteo - vitruviano che ci ha offerto la sua vitalità per 1800 anni.

Ordunque, l’esempio del passato fu questo: con gli spazi urbani, i beni paesaggistici e le opere presenti sul territorio comunale, sia che ci fosse la Monarchia, la Dittatura o la Repubblica, chi amministrava ci faceva quel che voleva. Questo, il senso ed il verso. Dimenticando che i beni artistici ed ambientali non possono appartenere ai fanesi ed a chi li amministra; ma al contrario, sono quei beni ed il territorio a comprenderci tutti, a possedere e formare chi assieme ci abita e vive.

Sono dunque gli abitanti ad appartenere al territorio coi suoi beni artistici. Sono questi beni ad entrare ed imprimersi nella mente delle persone e di conseguenza ne siamo tutti intessuti come avviene con gli avi, i nonni, i genitori che in vari modi sono in noi ancor oggi . Probabilmente è in questo modo che il nostro passato ci spinge verso il futuro; non si sbaglia affermando che le scelte rivelatesi dannose, di chi amministrava e di chi amministra Fano hanno sempre giocato un ruolo formativo sui cittadini in particolare se giovani. E i comportamenti che si evidenziano oggi anche verso le statue danneggiate ripetutamente è la riprova che l’esempio lavora ed incide.

Infine, chiedendo scusa dell’intromissione allo scultore, le cui opere hanno subito la coazione a ripetere distruttiva, faccio a lui sapere che molto ne avrei piacere se, nel caso volesse rifare(bontà sua) la statua di Polifemo, mettesse questa volta non un solo occhio, quanto piuttosto quattro, belli allineati, vedenti insino alle chiuse stanze di chi decide; insomma un Polifemo al di là della vicenda con Ulisse; una figura oltre quella del mito : un Oltrepolifemo del nostro tempo, che possa guardare e riguardare gli assessori, il sindaco attuale ed ai loro successori, nella speranza che vogliano attenersi a quello che recita lo Statuto Comunale di Fano al capo II art. 9-assetto del territorio: “Il Comune riconosce i valori ambientali e paesaggistici del territorio con l’assieme del suo patrimonio archeologico, storico ed artistico come beni essenziali della comunità e ne assume la tutela come obbiettivo primario della propria azione amministrativa”.

E visto che questa splendida dichiarazione resta ornamento in quanto gli amministratori nonostante tutto, quando decidono, possono anche scegliere di ignorarla, credo tornerebbe in bene se la stessa dichiarazione venisse riportata nel basamento della statua, se l’artista volesse rifare nuovamente la sua opera distrutta.








Questo è un comunicato stampa pubblicato il 13-08-2019 alle 15:18 sul giornale del 14 agosto 2019 - 1082 letture

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