comunicato stampa
La resistenza delle donne curde: mercoledì un incontro a Fano

Oggi le forme di autogestione sociale in Kurdistan sono un faro per i movimenti che cercano di costruire un mondo diverso, di libertà e uguaglianza, di giustizia e di pace. La proposta del confederalismo democratico kurdo ha trasformato l’affermazione del diritto di un popolo ad esistere nella costruzione di forme di autorganizzazione federata in grado di trasformare la società, e difendersi contro l’Isis prima e contro l’attacco e la repressione del governo turco adesso.
La difesa del progetto di confederalismo democratico, la difesa della democrazia, della libertà delle donne e della giustizia sociale: quello che sta succedendo in Kurdistan non è un conflitto geograficamente limitato, ma un anello che fa parte di una lotta ancora più lunga, che attraversa tanti luoghi. Una lotta che fa parte anche della nostra storia.
Il movimento delle donne kurde, nato e cresciuto in seno al movimento di liberazione kurdo, ci coinvolge in una proposta politica e sociale che non riguarda solo quel popolo ma arriva quindi fino a noi. In questo momento è in corso uno sciopero della fame di massa: nelle carceri della Turchia, e non solo, circa 7000 persone si trovano in sciopero della fame a tempo indeterminato, 8 persone sono già morte nella richiesta della fine dell’isolamento di Abdullah Öcalan, sequestrato in Kenia a seguito di un complotto internazionale nel febbraio del 1999, e dall’aprile 2015 in isolamento totale nell’isola prigione di Imrali. Questo isolamento è una tortura, una violazione dei diritti umani e delle leggi internazionali e nazionali. Quello che sta accadendo oggi in Kurdistan ci richiama alla costruzione di un mondo diverso, più giusto e libero, e ci ricorda al tempo stesso che la Resistenza è (anche) cosa dei giorni nostri.

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