intervista
“La mia arte? Un gioco ispirato dalla natura”: Stefano Furlani racconta i suoi “Sassi d’Autore”

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Stefano, com’è iniziata questa tua avventura?
All’inizio era il classico gioco inventato per tenere impegnato il bambino, quando al mare aveva mangiato da poco e doveva aspettare prima di fare il bagno. Così ho cominciato a comporre delle figure sui lettini. Da un semplice cowboy - con le cozze al posto degli occhiali - siamo arrivati all’indiano, dopo un’estate di continui miglioramenti. Ci sono volute diverse ore di lavoro, ma siamo arrivati a una vera opera d’arte che ci ha poi portato a tutto questo.
Il ruolo di tuo figlio, quindi, è stato fondamentale.
Sì. Gli piace ancora andare a cercare i sassi, ma penso che questa passione sia rimasta nel tempo anche per via di quello che siamo riusciti a ottenere. “Renditi conto di cosa abbiamo fatto, l’America e tutto il resto”: queste parole gliele ripeto spesso. Non è scontato arrivare a essere famosi in tutto il mondo per una cosa del genere. Abbiamo anche depositato il marchio.
Già, dalla spiaggia di Fano all’America. I tuoi sassi ne hanno fatta di strada.
Creo immagini che colpiscono. Destano curiosità. La gente le apprezza, e lo si vede anche dai social. Il crocifisso per il venerdì santo che ho pubblicato sulla pagina di Sassi d’autore ha avuto 14mila “mi piace” e 550 condivisioni. Un’agenzia di stampa del Regno Unito ha notato la pagina e mi ha chiesto l’esclusiva per proporre le mie opere sulla stampa britannica. Sono finite sul “Sun” di Londra, sia sul cartaceo sia in un servizio online. Stiamo parlando di uno dei giornali più importanti al mondo. Questo è stato il mio trampolino per gli Stati Uniti, dove un appassionato d’arte mi ha chiesto la disponibilità per una mostra.
Usa a parte, fin dove sei arrivato con le tue creazioni?
Ho esposto in America e in Germania. I miei sassi d’autore sono presenti anche in diverse mostre permanenti sparse nel mondo. Per quanto riguarda l’Italia, sono stato a Matera, Roma, Udine, Milano, Ancona, Mantova e non solo. Dei miei lavori hanno parlato in Grecia, ma anche testate indiane e giapponesi. E non è tutto. Da noi si è interessato anche il Tgcom24, e mi ha contattato pure l’Expo.
Cosa provi mentre crei?
Divertimento. Ci tengo a lasciare tutto questo nella dimensione del gioco. È una passione, e mi piace mantenerla così. Creare mi distende, mi rilassa. E mi gratifica trovare il sasso-chiave, quello che mi dà l’ispirazione e da cui creerò l’immagine.
Ecco, il sasso-chiave. Come lo riconosci?
È lui che mi compare. Spesso ha una forma particolare, mi richiama l’attenzione perché è strano. Quando penso di averne uno per le mani lo punto verso il cielo. Con il vuoto dietro mi concentro meglio su quello che vedo. Può essere un profilo, oppure la testa di un animale. È il sasso che mi colpisce, dal colore o altro, e può avere più sfaccettature a seconda di come lo giro.
Ho osservato molti dei tuoi lavori, ma confesso che ho fatto fatica a trovarlo.
Non se l’unico. C’è chi il sasso-chiave lo vede subito e chi invece no. Dipende dalla memoria visiva, e se hai la mente allenata. Al 99 per cento si riconosce dalla forma. Può essere il becco di un uccello, la testa di una giraffa, la pupilla di un coccodrillo. Solitamente è il sasso perfetto per quello che devo comporre.
Quanto tempo impieghi per completare una delle tue opere?
Anche se ho individuato il sasso da cui partire non è facile, poi, trovare gli altri. Per questo non c’è un tempo preciso. Se mi manca la zampa di un cane devo cercarla. Magari penso di averla trovata, ma la provo e mi accorgo che non va bene.
Una volta che hai in mano tutti i pezzi, con cosa li attacchi?
Il supporto è in legno. Prima posiziono il sasso-chiave così, “a secco”, e faccio la stessa cosa con tutti gli altri. Nella mia mente visualizzo il quadro finito, poi creo la composizione mettendo i tasselli gli uni vicini agli altri. Il passo successivo è la preparazione del fondo, su cui incollerò i sassi. Uso la millechiodi, una sorta di silicone che si utilizza anche in edilizia. Ci si attaccano i numeri civici delle case. Invece per le parti più piccole, per le sfumature e le rifiniture uso la colla vinilica.
È vero che la notte del 13 marzo, invece che evacuare, hai creato un quadro sulla bomba?
Spesso compongo di notte. Non sono un dormiglione. Vado a letto presto con mio figlio, verso le 21 30, ma alle 3 sono sveglio. Quella volta, mentre ascoltavo le sirene in lontananza, ho creato un piccolo quadro sulla bomba. Ho cavalcato l’onda del momento. In questo caso non c’è nessun sasso-chiave, ma soltanto la graniglia trovata sulla battigia.
I tuoi progetti futuri?
Sono già a Ostra con i miei lavori. L’esposizione è stata inaugurata il 18 maggio e si concluderà il 26. Con me c’è Ilaria Antici, con i suoi dipinti su vetro. Siamo nei locali della Lanterna Verde.
Come il supereroe.
Esatto.
A proposito di verde – anzi, di colori -, i tuoi sassi vengono mai dipinti?
No, è tutto autentico. I sassi non vengono lavorati. Mantengono colori e forme originali. Come natura crea.
Vuoi dire che non c’è niente di disegnato?
A parte il fondo non c’è nessun disegno. Anche le parti minuscole sono fatte con frammenti di sassi.
Il soggetto che ti piacerebbe realizzare?
Un personaggio qualsiasi, magari che rimandi alla musica. Oppure un animale. Dipende da cosa mi dà la natura. È lei che m’ispira. Non parto con un’idea. È l’idea che viene dal sasso.

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