comunicato stampa
Perfecto e Virtuale: alcune considerazioni a margine della mostra

La acuta ed originale risposta dimostrava come allo scienziato fosse riuscito di sintetizzare la complessità degli argomenti contenuti nella moderna storia del progettare. Tuttavia questa idea dei sistemi di proporzione, strumenti di lavoro per costruire ogni cosa, era nata in Grecia 2400 anni fa: moduli o canoni, ovvero escogitazioni geometriche inizialmente ideati dagli scultori per realizzare bene le statue. Dal far bene le sculture a far bene colonne, capitelli, i templi o le città, il procedere era la stesso: prima il pensiero, la geometria ed i rapporti armonici per organizzare le costruzioni, ancor più sostanziate quando si connetterà loro attorno il concetto che è “l’uomo la misura di tutte le cose: di quelle che sono, per ciò che sono; di quelle che non sono, per quel che non sono”, la famosa frase del pensatore greco, Protagora.
In questo ambito la mostra di Fano, Perfecto e Virtuale sul disegno leonardesco dell’uomo vitruviano che trova il suo antico in Grecia, deve il grande successo al taglio scelto dagli organizzatori; la prevalenza data ad un’immagine persino abusata dai media: proprio quel canone che chiarifica però i modi disegnativi usati da Leonardo nell’uomo perfecto, non solamente come appare ad occhio nudo, bensì con la tecnologia virtuale ad esso applicata: questo consente un contatto più profondo con l’idea, col pensiero che si fa segno, entrandovi e ripercorrendo il procedimento realizzativo. Questa, l’emozione! e grazie al virtuale si può divenire attivi conoscitori pur restando l’originale al sicuro. Così il punto nodale del progettismo di ogni tempo, quello della cultura delle belle proporzioni, ha grandemente interessato gente e scolaresche - progettare e fare tutto a misura umana - sino ad arrivare sulla stessa strada al modulo d’oro corbuseriano, per giungere alla elaborazione della “Carta di Atene” restando perfettamente in tema anche in argomento di industrial design, “dal cucchiaio alla città”.
Ma l’uso dei moduli per costruire a misura umana, non suggerisce certo di farlo a misura di perfecto speculatore fondiario parassitario, quindi a misura di consumo del territorio del quale siamo parte. La povera illusione di arricchimento rapido, all’origine del fenomeno che ancora sta snaturando struttura e volto all’ambiente, all’arte e con essi loro alle coscienze italiane, ci rivela piuttosto cosa significa il concretizzarsi del contrario del giudizio di Einstein sul Modulor, ovvero come sia stato reso facile il male e difficile il bene negli interventi progettuali del nostro tempo. Infatti siamo ormai incapaci di tutelare la bellezza dei centri storici, gli equilibri ambientali e noi stessi. Soprattutto, si può riflettere, dall’incontro col modulo leonardesco, sul tradimento della bellezza anche a Fano: esiste forse, in tutto il territorio comunale un solo edificio pubblico, dal dopoguerra ad oggi, riproducibile gloriosamente in un testo di Storia dell’Arte? o cosa esiste al suo posto se non l’edilizia tecnica da comprare e vendere un tanto al metro quadro, senza firma o bellezza?
Ecco quindi l’avvertibile valore della mostra che si allarga culturalmente di suo. Un gran bel salto di qualità rispetto al costume fanese sin qui distintosi per le ripetitive scelte sull’antico in bilico tra la Fano dei Cesari, la birra dei Cesari, l’appoggio alla fuorviante battaglia per il Lisippo o, cosa gravissima, il non aver posto in essere alcun rimedio nei confronti degli attori della Linea del danno alla città. Ma il valore dei moduli proporzionali che rendono difficile il brutto e facile il bello mette in discussione gli strumenti di pianificazione del territorio. Tanto più a Fano, dove le norme di attuazione dei PRG dovrebbero discendere da un’idea di bellezza, dalla filosofia del modulo perfecto. Mette in discussione le finalità delle commissioni edilizie ed urbanistiche prevalentemente tecniche proprio in una città che invece deve a Vitruvio “il suo primo PRG”; mette in discussione le figure dei progettisti ai quali ancora la Politica non chiede di aderire alle norme deontologiche del “Giuramento di Vitruvio” mentre per onore dovrebbe farlo per prima proprio e tanto più a Fano.
Visto il successo di questa mostra i decisori politici cittadini non possono rimanere indifferenti a quanto e cosa potrebbe originarsi, con massicci investimenti, dalla cultura del “genius loci” di Fano: un Polo scientifico per l’archeologia di terra e di mare con relative applicazioni tecnologiche e occupazione specialistica? Un Polo di reperti, catalogazione, conservazione, archivio, restauro, valorizzazione ed esposizione allocata nella ex Paolini? Non potrebbe divenire tutto questo una bella e ampia occasione di lavoro per i giovani fanesi? Non è questa una corsia preferenziale assoluta, la risorsa locale verso la crescita dell’economia del bello?
Quando la mostra sarà finita, non saranno solo parole affermare che duemila anni sono trascorsi, che Vitruvio ci ha lasciato un tesoro sul quale sarebbe stolto sedersi sopra e basta; occorre interrogare da uomini del nostro tempo la antica gloria urbanistica di Fano, il suo cuore rivelatore culturalmente pulsante per rendere difficile il male e facile il bene se chi amministra vorrà ascoltare quelle pulsazioni. Anche perché i migliori progetti sono sempre nati da una idea di bellezza elevata e poi cresciuti sopra la pianta di un sogno.

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