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comunicato stampa
Nuovo ponte tra Lido e Sassonia: 'Ora potranno parlare e sparlare'

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1721

nuovo ponte del lido
“Ora potranno parlare e sparlare”. Ma quel ponte di imitazione non riqualifica la zona, proprio e soprattutto, perché “a Calatrava gli va vicino”.

Adesso che il nuovo ponte è stato messo, “E’ come se un angelo bianco si fosse posato con le sue ali spalancate sulle due sponde del porto canale”(1); una buona grazia, si direbbe, ma da 300.000 mila euro ed oltre e della quale non si sentiva proprio il bisogno. Ma l’operazione consistente nel realizzare il progetto di un ponte ispirato a quello di Calatrava a Valencia, è un percorso culturalmente involuto ed inaccettabile. Come se si andasse da un gioielliere a farsi fare - “tirato fuori”, estratto dalle foto di una creazione originale di Carl Fabergè o di Cartier - un gioiello simile per poi presentarsi a dire: - non è il Cartier ma gli va vicino, “I dà de bell”- credendo che la ricopiatura possa avere un qualche valore. Invece il valore sarà meno che nullo divenendo un disvalore, perché manca, in quel falso, l’atto creativo originato dal pensiero di Cartier, quel profondo e personale sforzo di ingegno, di esperienza artistica, di riflessione sulla bellezza. E’ su questo specifico punto che la critica d’arte da metà 1700 in poi, per merito di Denis Diderot, cominciò a valutare le cose artistiche realizzate, specie se si voleva comprarle e venderle. Considerandone come il più importante valore, la loro spontaneità ed originalità ideativa. Più questo valore è alto e nuovo, più vale un artefatto che ne ha ricevuto l’impronta, ancora nella cultura odierna. (2)

Ma se questa alta qualità manca, l’arte non vale, come non vale colui che si presenta ad un congresso scientifico spacciando come originale una formula troppo derivata dello studio altrui. Col Calatrava fanese sembrerebbe la stessa cosa, in più calata dall’alto all’insegna del voglio ma non posso, del cattivo gusto, dunque. Ecco perché quel ponte di imitazione non riqualifica, ma dequalifica e diseduca, proprio come la frequentazione di un amico equivoco o di un falso amore. Tutto sarebbe stato semplice se ispirato al fascino della normalità. Proprio in questo consiste l’attrito con la città; nella mancanza della cultura del progetto, dell’attenzione e del rispetto verso chi paga. Se all’ex assessore piace tanto, questo è ”il suo ponte” fatto coi soldi dei fanesi, senza che i fanesi lo abbiano richiesto. Mi aspetto di vedere almeno il coraggio dei progettisti che assieme all’ex assessore, nome, cognome e qualifica, lascino in modo permanente una targa a futura memoria come autori del ponte che “a Calatrava gli va vicino” e che proprio per questo farà ridere i turisti! Tuttavia non credo che tale coraggio si manifesterà ma sarebbe auspicabile che lasciassero la loro firma! E ci potrebbe essere il rischio che Santiago Calatrava, intendo quello dei ponti d’autore, chieda i danni, visto che non si capisce se il progetto realizzato è una citazione, una parafrasi od un plagio artistico dello stesso famoso architetto.

E’ almeno dal 1898, anno in cui gli amministratori fanesi del tempo, rifiutando l’idea dell’urbanista Enrico de Poveda di un parco ad anello largo 50 metri attorno alle nostre mura ancora integre, inaugurarono, con quell’errore, “la linea del danno”. Sta a dire, la serie dei continui attentati alle bellezze della città; perché un cattivo agire ne chiama altri come nella coazione a ripetere. Una città dove arrivandoci il viaggiatore vede che gli amministratori fanno quel che vogliono volendo lasciare un ricordo incancellabile, sentirsi superiori alla stessa antica storia comune. E dire che già nel medioevo nelle città italiane, nei loro propri statuti, si prescriveva ai governanti di avere cura massimamente della bellezza onde ne sia “onorevolmente dotata et guernita per cagione di diletto et allegrezza ai forestieri, et per onore, prosperità et accrescimento de la città et dè cittadini”. (3)

Furono infatti i molti secoli di simili virtù praticate a creare l’immagine del ”bel paese”. Ma per tornare a Fano, chiunque lo voglia può consultare nell’Archivio di Stato i permessi di costruire rilasciati ancora sino agli anni trenta dello scorso secolo per vedere che la commissione che vagliava i progetti, non si chiamava “edilizia”, ma “di ornato”; Commissione di ornato, dunque con un chiaro intento di assidua ricerca della bellezza; commissione composta anche dai migliori artisti figurativi locali (Pierpaoli, Cespi, Felcini…). Certo questo non avviene più oggi e riflettere sui modi che portano alla costituzione delle commissioni edilizie ed urbanistiche attuali in una città che si definisce oltre che città del carnevale anche città d’arte e magari città vitruviana, sarà occasione per un altro capitolo assolutamente necessario da riscrivere. Della superficialità artistica storicamente mostrata da troppi amministratori di questa città, se ne ha abbastanza; una cosa difficile da togliere come la scaglia del cefalo, la pelle dell’anguilla, od il nero alla seppia, quando a spingere nell’organizzazione degli spazi urbani non sono gli interessi del bene comune.

Ma oltre al ponte in sé che impatta negativamente coi suoi due archi troppo alti, estranei al contesto, quando ci troviamo in un’area di precisa identità, in un ex borgo e porto di pescatori che andrebbe riqualificato con attenta cultura delle forme, dei colori, dei materiali, occorrerebbe più cura! Ormai tutti sappiamo che ogni valorizzazione auspicabile può partire e concretizzarsi solo dal rispetto del passato e che solo da esso potrà naturalmente evolversi il futuro. Se è vero che in tutto ciò che costruisce l’uomo scrive la sua storia, questa del ponte che, “ma Calatrava i dà de bell” è purtroppo un’ulteriore vicenda fanese artisticamente sbagliata, destinata a rimanere, purtroppo nel tempo, sotto le ali del Kitsch. (4) E se l’illuminazione che si chiede servirà ad evidenziare le linee di quanto realizzato, meglio non illuminarle; meglio non esprimere altro... Perché sulle due sponde del canale, di notte, le luci normali non mancano.

(1) Corriere Adriatico di sabato 28 giugno 2014 – il nuovo ponte che unisce Lido e Sassonia.
(2) D.Diderot- “I quaderni d’arte, (salons)” del 1759.// D. Diderot- “ Saggi sulla pittura” del 1765, dove lo stesso Diderot si rivela come il padre della critica d’arte come genere letterario moderno.
(3) Dalla “Costituzio” della città di Siena, del 1309.
(4) G. Dorfles – “Kitsch, Antologia del cattivo gusto” ed, Mazzotta-1968 , dove vengono esposti molti casi di menzogna artistica ed uso inappropriato dell’immagine.



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