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comunicato stampa
Franco Mancinelli alla vigilia dell'assemblea della lista civica 'La Tua Fano'

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Franco Mancinelli
A dieci anni, mese più mese meno, dalla nascita della Lista civica La Tua Fano, l’assemblea che sta per eleggere il nuovo segretario ed una nuova segreteria cade con una necessità in più ed acquista una sorta di solennità.

Quando allora ci si incontrava con alcuni amici, la maggior parte ex compagni, in modo quasi furtivo, un imperativo categorico ci si imponeva, quasi una missione: quella di ridare l’abbrivio alla democrazia, che si era come bloccata per stanchezza o assuefazione degli allora protagonisti della politica e dell’amministrazione, portatori di atteggiamenti che definivamo in termini molto duri. In effetti, per diverse e convergenti cause, non ultima quella della continuità senza interruzioni e senza possibilità di alternanza di una stessa coalizione politica, si erano decisamente logorati i rapporti tra la città ed il Palazzo. Questo deterioramento era sentito dalla maggior parte dei cittadini, per cui si era diffusa la volontà di un capovolgimento. Questo era il ruolo de La tua Fano: interpretare il forte disagio e tradurlo in azione politica, e non era semplice perché Fano era città tradizionalmente di sinistra: i fuoriusciti dalla sinistra con il candidato sindaco in testa potevano riuscirci, alleandosi con la destra, vincere le elezioni e rimettere in moto la democrazia. Dopo dieci anni di governo della nuova maggioranza, possiamo dire che questo è stato un grande risultato della Lista civica, una pagina storica, ed insieme si è ristabilito il dialogo con i cittadini. Per essere in grado di svolgere questo compito, i fondatori della lista civica, furono protagonisti di una riflessione che anticipava di un lustro il dibattito nazionale - affermando il superamento di ogni barriera tra destra e sinistra e ponendo ogni questione politica ed elettorale sulla scelta dei programmi – e, intanto, sdoganava la destra e la legittimava al governo. Altri punti fondamentali della riflessione politica erano la necessità del dialogo e del confronto senza pregiudizi, della trasparenza e della partecipazione. Quest’ultima, molto importante e innovativa, si spingeva dietro le teorie del filosofo francese Pierre Levy, ed assumeva i connotati della democrazia diretta e in tempo reale con le formulazioni della città intelligente e dell’intelligenza collettiva che anticipava anch’essa chiaramente alcuni momenti qualificanti del M5S di questi mesi. Altro punto fondativo della Lista civica era l’autonomia, l’equidistanza dalla dx e dalla sn. L’alleanza, assolutamente inedita con la destra, (tutta la destra compresa AN) era una necessità storica al fine di creare le condizioni dell’alternanza. Ma fondamentale era l’accettazione del candidato sindaco proposto dalla Lista civica, osteggiato a lungo da AN (una serie snervante di incontri, circa cinquanta!), e all’interno de La tua Fano si sosteneva unanimemente che la lista civica sarebbe andata da sola alle elezioni se nelle trattative non fosse passato Aguzzi, il suo candidato.

La questione del candidato è fondamentale per una lista civica, perché o la lista nasce in appoggio ad altro partito e, quindi, è di fatto subalterna, o ha un ruolo protagonista, come è stato nel 2004 e nel 2009, quando, addirittura, è risultata il primo partito della città. Così è difficile comprendere la coerenza come punto qualificante della mozione che ha il sindaco primo firmatario, coerenza è un termine dalla connotazione positiva, ma nella mozione implica la continuità con una alleanza. Se fosse riferita all’identità e ai valori professati da La tua Fano avrebbe un altro esito, perché La lista civica è autonoma ed equidistante, non fa scelte pregiudiziali, sceglie in base ai programmi, ai progetti ed al candidato sindaco. Diversamente viene meno alla sua storia, non è più La tua Fano, ma una lista civica collegata ad un partito principale del quale si dice alleata a prescindere dai programmi e dal sindaco. Nel 2004 si fece una valutazione storico-politica, ci si alleò con la dx perché occorreva rompere una continuità che era diventata preoccupante per la democrazia; nel 2009 c’era la continuità del nostro sindaco e dei lavori avviati con il primo mandato. Oggi? A tutt’oggi non c’è un programma condiviso, tanto meno c’è un progetto o un candidato sindaco da sostenere. Oggi occorre rifare una profonda riflessione e operare di nuovo una scelta. La coerenza come continuità sarebbe una non scelta pregiudiziale, per la nostra Lista civica, una contro tendenza storica. Noi dovremmo elaborare un progetto, definire un candidato e presentarli a, e confrontarli con tutte le forze politiche, dando precedenza, naturalmente, alla coalizione con la quale abbiamo governato per dieci anni. Non possiamo dire che facciamo-faremo parte di questa coalizione (senza un programma? senza un candidato?), La tua Fano sarebbe usata come una qualsiasi lista di appoggio.

IL PROGETTO (Il programma delle opere da fare si può concordare con ogni forza politica, più importante è il progetto, l’idea di città)

Nel 2004 svolgemmo un ruolo storico, oggi, nel cuore della crisi siamo chiamati nuovamente a svolgere un ruolo decisivo. Diversamente, non ci sarebbe bisogno della lista civica, se La tua Fano non fosse portatrice di un progetto importante, di un mandato particolare, sarebbe come tutte le altre liste, sorte e scomparse, per la fortuna di qualche appuntamento elettorale. Ma oggi, e non è retorica, è l’urgenza della crisi a richiederci una impennata storica. Essere lista civica, al di fuori di qualsiasi appartenenza politica - avevamo affermato tempo addietro- ci dava una maggiore libertà e sensibilità nel leggere le cose del mondo e ci sentivamo legittimati a rielaborare teorie e progetti. Questa è la bellezza di far parte di una lista civica fuori dagli schemi e dalle direttive dall’alto. Nati e radicati tra la gente, non portiamo la bandiera a nessuno. Io penso che la crisi, la mancanza di una strategia per uscirne e la mancanza di una forte concezione etica, facciano passare in modo inavvertito tutta una serie di iniziative ed atti amministrativi che affermano la prevalenza del profitto privato sul bene pubblico. Lo stato come le amministrazioni locali cedono il passo a privatizzazioni e alienazioni a beneficio di qualche soggetto con la conseguenza che viene meno l’idea di comunità fondata sull’interesse generale. Il pericolo, al quale sia il centro destra che il centro sinistra , chi più chi meno, si espone è quello di identificare lo sviluppo col profitto di alcuni e non con il bene di tutti. La politica del fare, la preoccupazione di avviare lo sviluppo, purché si faccia qualcosa, non suggerisce di soffermarsi e chiedersi se sia a vantaggio di qualcuno o di tutta la comunità. La lista civica, più affrancata di altri partiti, ha il compito di porsi questi interrogativi. Un certo tipo di sviluppo, si è visto, non è più ecosostenibile e viene portato avanti a danno dei più. Nella crisi il rischio è che si lasci spazio ad una economia di rapina che agisce senza alcuna responsabilità, come se il mondo dovesse finire da un momento all’altro. Noi della lista civica dovremmo opporvi le ragioni dell’interesse generale, dovremmo fare propri i diritti delle generazioni future e parlare in loro nome (il movimento per i diritti delle generazioni future sta crescendo in tutto il mondo). Questa etica, che dovrebbe essere scontata, oggi invece, viene misconosciuta; noi dovremmo assumerci l’onere di articolarla e trasmetterla attraverso la scuola e attraverso i progetti culturali. Oggi, immersi nella crisi, lo scontro è tra la prevalenza di un’etica individualistica, lanciata alla realizzazione del profitto privato, e la difesa del bene comune, che si preoccupa del futuro, dell’interesse pubblico e della felicità collettiva. Nei loro limiti, la lista civica e un’amministrazione comunale, possono fare cose grandiose se si pongono nella prospettiva lungimirante di affermare un’etica civile, del bene comune, della responsabilità. Gli spiragli aperti sono quelli della promozione di nuovi stili di vita, individuati nel Convegno “I fanciulli gridando su la piazzuola in frotta”, degli orti scolastici e degli orti di quartiere. Occorre invertire la tendenza dell’intera società che è spinta a cercare vie individuali per soddisfare i propri bisogni e favorire, invece, momenti pubblici di confronto e di possibile risposta collettiva. Se la competizione ed il successo personale restano gli unici modelli comportamentali, è giocoforza che la coesione sociale venga meno e si inaspriscano le differenze sociali. E l’uscita dalla crisi, quando sarà, sarà a costi sociali altissimi con una divaricazione della forbice tra ricchi e poveri da paesi dell’America Latina. Il dominio del capitalismo finanziario e del potere economico in generale, è tale, sin dagli anni’80, dai tempi di Reagan e Tatcher, che soltanto il denaro e le merci contano ed il lavoro è diventato una variabile trascurabile: la crisi serve a ristabilire le distanze, a ridisegnare le differenze. La tecnica e l’economia regnano, la politica è diventata, strumento dell’economia. Ma non tutto è compromesso, c’è ancora spazio per invertire la tendenza, c’è tutta una sensibilità intorno all’ambiente e alle generazioni future, c’è la voglia di cercare nuovi stili di vita, nuovi significati che arricchiscano il senso di stare al mondo. Movimenti internazionali, premi Nobel, singoli ricercatori, persone curiose e sensibili hanno imparato un altro linguaggio che parla di lentezza, di cooperazione, di solidarietà, di decrescita, di diritti delle generazioni future, di felicità comune, di utopia, di bellezza.

Quale può essere, allora, il ruolo della politica? – deve chiedersi la Lista civica, nata per il cambiamento, per ridare fiato alla democrazia, fiducia al futuro, speranza. Ecco l’importanza di una riflessione che potrebbe assumere un significato storico, (avviata con il convegno dibattito sulla decrescita organizzato con la Consulta delle Associazioni nel 2012 ). Ecco l’impraticabilità di una scelta di campo sulla linea della coerenza. Se si continua a non prendere coscienza della crisi, la politica sarà agita, sarà costretta a subire le scelte imposte dalla tecnica e dall’economia per realizzare la sopraffazione e l’egoismo. Occorre avviare forme inedite di cooperazione, di partecipazione, e di reciprocità. Per contrastare la cultura corrente, dominata ad uno sfrenato individualismo nichilista, c’è bisogno di una nuova socializzazione, di una ricostruzione di spazi di partecipazione, al fine di recuperare tutti i gruppi sociali ed i soggetti singoli alla cittadinanza attiva, in modo che si sentano e siano protagonisti delle scelte e delle azioni concrete. Ed anche gioverebbe estendere un sistema di reciprocità e di cooperazione. L’assenza di scambi di reciprocità, nella normale vita quotidiana, per esempio, aumenta i costi dei nuclei familiari, rispetto a esigenze che potrebbero essere disimpegnate nelle forme della cooperazione. Così, accompagnare i bambini a scuola o assisterli nel tempo libero, è diventato un fatto affrontato isolatamente e con costi per le famiglie. Il trasporto organizzato in cooperazione, in questo caso, potrebbe favorire il risparmio, diminuire il traffico e l’inquinamento e migliorare i rapporti tra le famiglie e tra i ragazzi. Altri esempi importanti sono la riduzione concordata delle ore lavorative all’interno delle aziende per evitare i licenziamenti. Insomma, si tratta di far leva sulla solidarietà e sulla reciprocità non solo per migliorare i rapporti umani, ma per conseguire vantaggi comuni. Una splendida opportunità ha Fano: il nostro Comune ha estese proprietà di terreni che potrebbero essere date in uso per realizzare orti di quartiere. Il progetto prevede la realizzazione di orti, in prossimità dei quartieri (laddove è possibile). L’Amministrazione Comunale affida ad un’associazione di quartiere un appezzamento di terra che l’associazione suddivide e distribuisce a tutte le famiglie che ne facciano richiesta e che non posseggano terreno sufficiente per un orto. In cambio le famiglie offrono una quantità di ore da stabilire (banca del tempo) che l’associazione gestisce a favore della comunità (dalla compagnia a persone sole al sostegno scolastico agli studenti, al taglio dell’erba negli spazi pubblici, ecc., ecc.) in modo da creare una forte rete di relazioni sociali e di solidarietà e di gratificazione delle varie competenze dei cittadini. Ciò alimenterebbe la reciprocità e il riconoscimento della utilità di tutti i componenti; il confronto, la condivisione e la partecipazione alla vita collettiva sarebbero un’abitudine quotidiana, sarebbero superate la solitudine, l’emarginazione e l’indigenza. Immaginiamo quanto sarebbe bello se si sapesse, in Italia e nel mondo, che chiunque diviene cittadino fanese (la famiglia) ha diritto ad un orto e immediatamente viene accolto nella rete sociale attraverso l’offerta delle ore e delle competenze nella banca del tempo. Lavorare per questo significa porsi nella prospettiva di mutare abitudini e stili di vita, iniziando, intanto, dall’educazione con alcuni percorsi sulla condivisione e sul bene comune. L’operazione naturalmente va sostenuta dall’Amministrazione comunale e dalla scuola (vedi l’istituzione degli orti scolastici nell’a.s. 2012-2013) con alcuni esperti della comunicazione in una azione pedagogica e culturale convergente, volta a sostenere un’etica civile del bene comune. Diventa fondamentale mettere in campo un’alternativa culturale fondata sui valori spirituali dell’umanità, sulla pace, la gioia, la solidarietà, sulla Bellezza che salverà il mondo.

Questa è/potrebbe essere la scommessa de La tua Fano, la nuova scommessa per il 2014: in questo grande disincanto, in cui la politica sembra spinta fuori gioco dalle scienze e dalle attività che contano, si scopre che ci può essere ancora fede per il futuro, basta crederci e lavorare e diventa possibile creare una città più solidale e positiva, proiettata con responsabilità nel futuro. Accettare questa sfida per la Lista civica significa tornare ad essere il perno attorno al quale gira la storia di Fano e non solo. Fuori dal sogno e dall’utopia, fuori dall’impegno per creare qualcosa di nuovo e di bello si dà spazio ai giochi di potere e alla ricerca del successo personale.

Contributo
Lo scandalo della speranza, la bellezza salverà il mondo

A mio avviso oggi si pongono due questioni fondamentali dalle quali non è possibile prescindere. La prima è che la crisi che ci travaglia sta causando sempre più miseria e minaccia la nostra civiltà: prenderne coscienza significa, per tutti, rivedere seriamente le abitudini, per chi amministra, analizzare a fondo i bilanci, passare al vaglio ogni centro di spesa e garantire livelli di dignità a tutti i cittadini. Quindi, occorre lavorare in prospettiva, sapendo che da questa crisi o si uscirà diversi, con nuovi stili di vita, con una nuova morale e con una nuova etica civile, oppure si consoliderà una sacca di povertà funzionale al sistema, con la conseguenza della diffusione di una conflittualità sociale e di un arretramento della società ai livelli dei paesi dell’America latina e, alle porte di casa nostra, della Grecia. La seconda questione imprescindibile è la crisi morale che non è effetto di quella economico-finanziaria, ma risale più indietro, agli anni ’80, alla politica neoliberista di Reagan e Thatcher che ridusse la politica ad una variabile dipendente del capitalismo finanziario. Contemporaneamente e di riflesso, si diffuse la cultura individualista e radicale con l’esaltazione dell’individuo slegato dal suo essere sociale. Nel giro di pochi anni il linguaggio e l’etica dell’azienda si sono affermati su tutti i registri linguistici e su tutte le istituzioni, compresa la scuola e la cultura. Anche oggi assessori provinciali e regionali e ministri dello Stato propongono la cultura come ancella dell’economia, mettendone in luce gli aspetti spettacolari e di attrazione turistica, piuttosto che i suoi intrinseci valori spirituali. In questa veste la cultura, da componente fondamentale dello stile di vita, del modo di sentire e di vivere la realtà, è diventata evento ed intrattenimento; nelle migliori situazioni è mera conoscenza razionale, bagaglio di nozioni, che procede per anniversari e ricorrenze, che non coinvolge la persona, l’affettività, le categorie del bene e del male, la vita; non muove meditazioni e interrogazioni, non lascia memorie e tracce nella coscienza. E’ una cultura d’immagine, una variante socializzante delle svagate navigazioni in internet. A questa deriva si oppone “la bellezza salverà il mondo” e le altre iniziative portate avanti dall'assessorato; così pure il progetto dell’educazione dei sentimenti, che discende dalla “bellezza” e ne rappresenta la coniugazione pedagogico-didattica. Si inizia dall’orto scolastico che propone, con il richiamo alla natura, la progettualità e la manualità, la ciclicità delle stagioni, la lentezza, la sobrietà, l’attesa, la raccolta dei frutti del proprio lavoro: è un tacito suggerimento, l’indicazione di alcune modalità per scoprire nuovi possibili modi di essere e di vivere la vita. Negli anni ’80, la caduta delle ideologie ha trascinato con sé ogni speranza e volontà di mondi diversi e ci siamo persuasi che quello esistente sia l’unico possibile e non trasformabile. Ciò ha determinato una forte depressione morale, dei desideri e delle volontà. La crisi della politica è parte di questo processo molto più generale che implica la crisi della cultura e dell’etica civile e da sola, si è visto, la politica non sa rigenerarsi. Solo una rinascita etica, una rifondazione antropologica possono ridare la spinta alla politica; in questa direzione hanno operato le iniziative proposte dall’ assessorato alla Cultura, e che vanno sotto il titolo de “la bellezza salverà il mondo”, ma è necessario citare “la lunga estate degli anni'60”, progettata con l'obiettivo di riscoprire quella voglia di futuro e di utopia che permeava quegli anni. In questa direzione, di risposta alla crisi, sono indirizzati i nuovi progetti dell'assessorato ai Servizi educativi che portano il sottotitolo di “educazione dei sentimenti”. Perché è necessaria una nuova pedagogia.

La cultura autentica, è cosciente di sé e della realtà in cui si esprime e con la realtà si confronta e ad essa dà risposte: risposte che possono essere non condivise, proprio perché coinvolgono valutazioni, visioni della vita, prospettive sul futuro, ma sono risposte (non fosse altro che interrogazioni) che intendono lasciare un segno. Il resto è spesso intrattenimento, passatempo anche utile e intelligente, arricchimento delle conoscenze, erudizione, cultura buona per passare un’ora, - votata al tempo minore, direbbe Carlo Bo - non per la vita - Anche qui (e si può ricominciare da capo) occorre vedere se ci si pone su un piano minimale o si vuole riscoprire i valori, ragionare attorno al bene comune e superare individualismo, relativismo e nichilismo. Senza resuscitare le ideologie, occorre riattingere ai valori, agli ideali, a quella tensione verso gli ideali, al desiderio di futuro, di mondi diversi, allo scandalo della speranza.



Franco Mancinelli