comunicato stampa
Fano, Capitale Europea dell’Incultura 2019?

Come non ricordare infatti la bestialità che segnò il destino di tutte le piastrelle in ceramica della chiesa rinascimentale dei Piattelletti, dipinte ciascuna con figurazioni diverse, “buttate” nel 1942 ma salvate da un robivecchi ed ora disperse in tanti musei? Oppure la recente occasione mancata per la valorizzazione del primo, piccolissimo duomo di S. Pietro in Episcopio? Uno schiaffo umiliante alla storia civica, al capitano della tarda romanità, Bartolagi da Fano, secondo la leggenda, ivi sepolto. Qualsiasi altra città, anche importantissima, sarebbe orgogliosa di aver avuto un eroe pieno di coraggio, sacrificatosi contro Attila. In altri luoghi avrebbero saputo come liberare la forma originaria di questo delizioso edificio da ogni costruzione di troppo. Non avrebbero mai cementificato il cimiterino altomedievale trovato dopo la demolizione della vecchia casa invasiva che utilizzava un fianco della chiesa come muro.
Quando l’intero centro storico è un monumento, come permettere di sostituire con un radicale edificio moderno, pur temperato da un buon ambientamento, quello cadente se e solamente proprio il recupero di quello spazio, lasciato vuoto, avrebbe corretto la passata bruttura? Come non restituire il respiro dell’origine a S. Pietro in Episcopio e con ciò valorizzare anche storia e leggenda del nostro antico concittadino? Che città è quella che non sa rispettare i suoi valori identitari racchiusi nello spazio comune condiviso? Invece… alla faccia della tutela! Andar a vedere, per farsi un’idea delle scelte di chi decide: si sarebbe potuto riconfigurare un luogo di alto fascino attrattivo. Ancora una volta si vede come, in una città d’Arte necessiti una normativa che privilegi esclusivamente l’importanza del monumento da salvaguardare e non i metri cubi possibili da riedificargli al fianco. Una normativa, comprensiva di accordo risarcitorio con il privato proprietario dell’area.
Dunque, città che si trascura Fano, ove i maggiori danni li hanno prodotti i fanesi, non i sequestri napoleonici o il Getty; una sindrome depressiva, la nostra, ormai cronicizzata nel costume complessivo. Salvo poche eccezioni, fatta di silenzio – assenso, mentre Opposizione e Maggioranza, pur affermando che siamo una città d’Arte, tacciono disattente. Diversamente, nella vicina Urbino, cittadini ed amministratori curano arte e paesaggio in modo esemplare, spingendosi a tutelare anche ” il Moderno” in architettura. Da noi è accaduto che il moderno, pur se d’autore, la speculazione lo abbia abbattuto e triturato, riducendolo a sottofondo per strade. Si vede che Fano, cancellando persino l’idea di una istituzione per la ricerca scientifica come il Parco Tecnologico, aspira a diventare Capitale Europea dell’Incultura 2019 e c’è da credere come impossibile che ad Urbino avrebbero aperto la pinacoteca di Palazzo Ducale per farvi accedere qualcuno, Vittorio Sgarbi compreso, in visita all’una di notte. Dopo questo e nonostante i tanti danni diversamente configurati, se ad alcuni fosse sembrata alta la spesa per l’amore estivo col quadro fanese del Louvre, di contro par giusto ringraziare e intenderla come l’investimento che spinga la popolazione alla consapevolezza sul valore dell’arte cittadina, restante il fatto che, operazioni di salvaguardia del rimanente della nostra ricchezza artistica, sarebbero possibili con spese anche molto contenute.
Elencare ciò che più non esiste per mano fanese od è stato mal condotto, sarebbe una storia lunga; tracciare una linea dei danni alla città, è triste come rincontrare il grande amore di un tempo che, pur essendo la stessa persona, non è più lo stessa: una città intera non è più lei, quando parte della sua bellezza è stata distrutta per sempre, le sue potenzialità di spazi liberi, concesse al cemento, riducendo luoghi storici e paesaggi a luoghi sconvolti nel loro valore, che del profumo originario possiedono solo il ricordo: una bellezza che non sarà possibile mai chiedere in prestito ad alcun museo, neppure pagando! Neppure per l’amore di un’estate.

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